23 novembre 2019: Seconda lezione di cucina sarda


 

Questa seconda lezione ci farà conoscere altri piatti della terra sarda: le panadas e i papassini.

La panada (o sa panada, in Lingua sarda) è un piatto tipico sardo. 

Il piatto potrebbe essere di possibile origine spagnola, almeno nell’etimo e con riferimento alle empanada. In Sardegna è un piatto tipico, oggi diventato anche un cibo di degustazione in numerose sagre dell’isola. 

La panada è una torta salata costituita da un involucro di pasta violata (detta croxu in sardo campidanese), al cui interno sono contenuti – solitamente – carne, e altri condimenti.

In Sardegna è assai diffusa  la preparazione di un tipo di panada piccola da buffet (detta in lingua sarda panadedda, tradotto in italiano “piccola panada”) per occasioni ed eventi festivi.  Il contenuto della panadedda è di più facile preparazione rispetto a quello della panada tradizionale: vi si ritrovano solitamente macinati di carne e patate, funghi, melanzane. Non è inconsueto, inoltre, che la panadedda oschirese venga fritta, in luogo della cottura in forno.

 papassini, chiamati anche pabassinas o papassinos, sono dei dolci sardi tipici della festa di Ognissanti e del giorno dei morti, ricorrenza molto sentita in questa regione. Questi biscotti di frolla arricchiti con frutta secca e decorati con glassa di zucchero, devono il loro nome alla papassa o pabassa, ossia l’uvetta sultanina di cui sono ricchi.  Il tutto sovrastato dalla cappa, ossia da uno strato di glassa decorato con i diavoletti colorati. Come accade spesso per le per le preparazioni che hanno origini antiche e radicate in un territorio, è quasi impossibile rintracciare la ricetta originale dei papassini o pabassinos: in ogni zona della Sardegna, infatti, si preparano con piccole varianti, specialmente negli aromi (alcuni aggiungono nell’impasto la saba, ossia il vincotto, altri la cannella o il liquore all’anice) e nella preparazione della glassa (a base di albume oppure di acqua). Addirittura  qualcuno preparava i papassini anche senza uova, proprio perché in tempo di povertà le uova venivano riservate all’alimentazione di tutti i giorni.

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